Le encicliche sociali

Le encicliche sociali. Dalla Rerum Novarum alla Fratelli tutti

Paoline, Milano 2022, pp. 1568, euro 49,00

Recensione di Renzo Beghini

Quando ho avuto tra le mani la nuova e completa nona edizione riveduta e aggiornata delle encicliche sociali che – a partire dalla prima di queste, la Rerum novarum di Leone XIII del 1891 – include anche i testi del recente magistero sociale di Benedetto XVI e di papa Francesco, mi sono chiesto: il laicato cattolico del terzo millennio e dell’era della rivoluzione tecnologica, di Internet e della trasformazione digitale, ha ancora bisogno di una raccolta che dia un senso anagogico ad un patrimonio dottrinale unico e complessivo sulle questioni sociali di 130 anni di storia? Ebbene sì, perché oggi più che mai ha bisogno di una guida di riferimento stampata e sicura. Tra l’altro, il volume ha un formato e una confezione che favoriscono una buona leggibilità – anche nei caratteri – e l’utilizzo per lo studio e l’approfondimento.

Nell’ultimo ventennio vi sono state encicliche, che hanno aperto la via non solo ad un approfondimento teologico morale e sociale, ma a scoprire la causa ultima dei mali che affliggono il mondo della postmodernità “liquida”, evidenziando la profonda sterilità etica e civile, a stravolgere ogni relazione umana, socio-politica ed etico-economica. Nasce da qui l’opportunità di completare non solo l’elenco e l’interpretazione teologica dei testi, ma anche di aggiornare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa[1].

Questi i documenti contenuti nel testo: Rerum novarum di Leone XIII (1891) – Quadragesimo anno di Pio XI (1931) – Radiomessaggio di Pio XII per il 50° anniversario della Rerum novarum (1941) – Mater et magistra di Giovanni XXIII (1961) – Pacem in terris di Giovanni XXIII (1963) – Populorum progressio di Paolo VI (1967) – Octogesima adveniens di Paolo VI (1971) – Laborem exercens di Giovanni Paolo II (1981) – Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II (1987) – Centesimus annus di Giovanni Paolo II (1991) – Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (1995) – Caritas in veritate di Benedetto XVI (2009) – Laudato si’ di Francesco (2015) – Fratelli tutti di Francesco (2020).

All’inizio della sua intensa Introduzione l’autore e curatore, Renzo Beghini[2] – mostrando una rilevante competenza non solo come presidente della Fondazione Giuseppe Toniolo di Verona, ma anche come direttore responsabile di questa stessa rivista scientifica di dottrina sociale della Chiesa “La Società” -, scrive con determinazione: “Con la sua dottrina sociale la Chiesa annuncia e attualizza il Vangelo nella complessa trama delle relazioni sociali e della storia in cui vive, si pone al servizio del regno di Dio, partecipa delle gioie e delle speranze di tutti gli uomini. È nell’esperienza della fede in Gesù risorto, rivelazione dell’amore trinitario, la radice dell’evangelizzazione del sociale, della pastorale sociale e della dottrina sociale della Chiesa che ne è espressione. La fede stessa in Gesù Cristo esige l’assunzione di responsabilità e l’impegno per la costruzione di una società fraterna e giusta” (p.7). E al termine, rimarca con efficacia che “rimane per la riflessione teologica la questione di come e in che misura la dottrina sociale della Chiesa si inserisca nel più ampio capitolo dell’ecclesiologia e così possa offrire il proprio contributo per rispondere alla domanda di come oggi le comunità cristiane sono chiamate ad abitare il mondo” (p.43).

Con questo intento, l’introduzione generale e le singole introduzioni, totalmente inedite per ogni enciclica, accompagnano il lettore in un percorso volto a ripercorrere l’excursus degli sviluppi della dottrina sociale della Chiesa nella storia, per offrire una totale conoscenza, comprensione e consapevolezza della sua dottrina sociale attuale, che è sempre in costante evoluzione, come esorta papa Francesco: “Continuiamo a lavorare per costruire ponti tra i popoli, ponti che ci permettano di abbattere i muri dell’esclusione e dello sfruttamento”[3].

La caratteristica rilevante di questo lavoro si manifesta, come accennato, proprio nelle   introduzioni alle singole encicliche, dove le problematiche della realtà sociale sono inserite e trasformate in una vera teologia sociale che, come afferma il Concilio Vaticano II, anch’essa deve essere fondata sulla S. Scrittura, in modo da associare la vocazione di ogni fedele alla grazia di Cristo; solo così può apportare frutto nella carità per la vita del mondo[4].

Seguendo il fil rouge di Renzo Beghini lungo i 130 anni di storia, che attraversa gli ultimi tre secoli e abbraccia, in estrema sintesi, tutto il corpus dottrinale della dottrina sociale della Chiesa, dalla prima enciclica sociale Rerum novarum (1891) di Leone XIII alla Fratelli tutti (2020) di Papa Francesco, passando per la Centesimus annus (1991), si scoprono le res novae individuate ed anche i criteri oggettivi di conoscenza. Si inizia con la “questione operaia” (dualismo classe borghese capitalista e lavoratori in possesso solo della manodopera in cambio di salario), la quale, accompagnandosi a nuovi assetti e aspetti sociali, diventa “questione sociale”, storicamente soggetto e “cuore” di una serie di aggiornamenti del Magistero sociale della Chiesa fino ad arrivare – dopo l’esperienza di ideologie egemoniche, due guerre mondiali, conflitti politici, crisi finanziarie, divario tra Paesi ricchi o in via di sviluppo e Paesi poveri, modificazioni nei rapporti tra capitale e lavoro e tra Stato e mercato, ecc. – alle soglie del terzo millennio, ad un periodo caratterizzato dalla pressante tendenza alla “mondializzazione dell’economia” e alla “globalizzazione planetaria della società umana”, dove “tutto è connesso”. Ed alla luce di questa recente metamorfosi, dopo il crollo dell’utopia collettivistica del cosiddetto socialismo reale, avvenuta con la simbolica caduta del Muro di Berlino nella notte del 9 novembre 1989 (alle cui sorti la Centesimus annus dedica un intero capitolo), vanno affrontate, su base critica, le “grandi sfide contemporanee”, tra cui emerge il modello neoliberista, selvaggio e sregolato.

Da qui parte la svolta di Benedetto XVI. Già nell’enciclica Deus caritas est (2005) definiva la parabola del Buon Samaritano il “programma del cristiano” e spiega che “impone l’universalità dell’amore” (n. 25b). E nella successiva enciclica Caritas in veritate (2009), dopo aver affermato che la dottrina sociale della Chiesa “è caritas in veritate in re sociali” (n.5), ripropone il tema “dello sviluppo integrale dei popoli”, analizza il fenomeno della globalizzazione e dichiara che la questione sociale coincide con la “questione antropologica”. Il vuoto lasciato dalla crisi delle ideologie è stato riempito da una ideologia “libertaria” e “tecnocratica” diventata il “pensiero unico” del mondo globalizzato. Il Pontefice scrive l’enciclica per affrontare il problema di fondo del XXI secolo e cioè: elaborare un nuovo modello di sviluppo mondiale fondato su un umanesimo nuovo che porti i popoli della terra a vivere uniti nel rispetto delle diversità. L’enciclica, da una parte critica l’ideologia tecnocratica dominante, dall’altro richiama i principi di un umanesimo nuovo. Tali principi sono: la libertà responsabile sul piano etico; la fraternità sul piano socio-culturale; la reciprocità sul piano politico ed economico.

Con Papa Francesco, nell’enciclica Laudato sì (2015) – “un’enciclica estesa esigente e provocante” e motivata dal Cantico delle Creature di san Francesco -, diventa centrale la chiave ermeneutica ambientale e quindi la questione sociale assume il modello di “ecologia integrale” (economica, ambientale sociale, culturale, della vita quotidiana, che protegge il bene comune e sa guardare al futuro). “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (n. 139).

Scrive ancora il Pontefice: “Oggi l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa, che genera un determinato modo di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente. C’è una interazione tra gli ecosistemi e tra i diversi mondi di riferimento sociale, e così si dimostra ancora una volta che il tutto è superiore alla parte” (n. 141).

Poco più di cinque anni dopo, il 4 ottobre 2020 papa Francesco firma sulla tomba di san Francesco l’enciclica Fratelli tutti, che “rappresenta il punto di confluenza di ampia parte del suo magistero”. Anche in questo caso, Papa Francesco, partendo dal “sogno come unica umanità” del Santo di Assisi, in cui siamo “tutti fratelli” e quindi “di una società fraterna” (nn. 6-7), centra la questione sociale nella “fraternità e amicizia sociale”, vie per costruire un mondo migliore più giusto e pacifico, con l’impegno di tutti: popolo e istituzioni. E la figura del Buon Samaritano diventa centrale per papa Francesco (cap.2, nn.56-86), che scrive: “Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il Buon Samaritano” (n. 67).

Renzo Beghini per contestualizzare ancor meglio l’enciclica ricorre anche allo storico Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, siglato il 4 febbraio 2019 a Abu Dhabi, da papa Francesco e dall’imam al-Tayyeb; un vero momento altamente significativo nel cammino del dialogo interreligioso e non solo per il dialogo islamico-cristiano[5]. Non si può, infatti, comprendere il documento se non lo si inserisce nel cammino ormai di lungo corso delle relazioni interreligiose della Chiesa cattolica, che ha trovato espressione ufficiale nel Concilio Vaticano II.

In tutto il Documento di Abu Dhabi traspare la convinzione che tutti insieme si possa e si debba ancora lavorare con coraggio e fede per recuperare la speranza in un nuovo futuro per l’umanità. Del resto il rapporto tra Occidente e Oriente, non solo in senso geografico, è necessario e non va “ignorato affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture” (n. 136).

Il volume si conclude con un utilissimo indice tematico, curato da Stefano Sasso.

[1] Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004.

[2] E’ docente di teologia ed etica fondamentale all’Università Cattolica di Milano e teologia morale alla Facoltà Teologica del Triveneto, nonché direttore dell’Ufficio Problemi Sociali e Lavoro della Diocesi di Verona e delegato episcopale per la dottrina sociale della Chiesa.

[3] Discorso ai Partecipanti al III Incontro Mondiale dei Movimenti Popolar, Roma, 5 nov. 2016.

[4] Cfr.Il Decreto Optatam totius, n.16.

[5] L’Osservatore Romano, 4-5 febbraio 2019, pp.6-7. I numeri dell’enciclica: 131,136, 192, 275, 283, 285.