«Secondo il Baal-Shem, nessun incontro – con una persona o una cosa – che facciamo nel corso della nostra vita è privo di un significato segreto. La più alta cultura dell’anima resta fondamentalmente arida e sterile, a meno che da questi piccoli incontri, a cui noi diamo ciò che spetta, non sgorghi, giorno dopo giorno, un’acqua di vita che irriga l’anima; allo stesso modo la potenza più immane è, nel suo intimo profondo, solo impotenza se non si trova in alleanza segreta con questi contatti – umili e pieni di carità nel contempo – con un essere estraneo eppur vicino. Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica. Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio» (da Martin Buber, Il cammino dell’uomo).
In questo tempo di contraddizioni e lacerazioni, in cui sentiamo acutamente l’impotenza e la precarietà, possiamo ancora prenderci cura del frammento che ci è affidato, delle persone che con le loro storie intercettano la nostra e la abitano e in questo modo diventare più umani.
Preparando una dimora a Dio.
Che il Natale ci regali questa consapevolezza e questa possibilità.
Auguri a te e alla tua famiglia, sr Grazia


